Precariato e welfare in Europa

 

 

 

Sintesi del libro

Precariato e welfare in Europa

di

Canio Lagala

Ediesse Roma 2007

In tutti i paesi dell’Unione Europea cresce l’occupazione precaria, fatta per lo più di lavori a termine e part-time, con tipologie contrattuali e statuti professionali fortemente differenziati. Per quanto tale realtà possa essere contrastata, per il futuro non è dato immaginare un’inversione di tendenza. Bisogna pertanto fare i conti con il lavoro precario che rappresenta una componente sempre più importante del mercato del lavoro italiano ed europeo.

In particolare bisognerà ripensare i sistemi di protezione sociale costruiti sino ad oggi intorno alla figura del lavoratore stabile e a tempo pieno, se si vorranno mantenere anche per l’avvenire gli stessi livelli di coesione sociale realizzati in passato.

I punti più critici per la costruzione di un nuovo sistema di protezione sociale incentrato sul lavoro precario sono essenzialmente due: la tutela per la mancanza di lavoro e la tutela pensionistica.

In passato questi eventi erano fronteggiati per lo più con il sistema delle assicurazioni sociali, ponendo a carico dei lavoratori e dei datori di lavoro un’obbligazione contributiva per la copertura sia del rischio disoccupazione sia del rischio invalidità, morte e vecchiaia.

Per il futuro, in relazione ai lavoratori precari, questo sistema non potrà reggere più. Per il lavoratore precario, infatti, la disoccupazione non rappresenta certo un rischio quanto piuttosto una certezza, né i sempre più ridotti e saltuari periodi di lavoro saranno sufficienti, con il meccanismo della contribuzione, ad assicurargli per la vecchiaia un trattamento pensionistico minimamente dignitoso.

Partendo da queste premesse, il Dipartimento delle scienze giuridiche privatistiche della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Foggia, su iniziativa del Prof. Canio Lagala docente di Diritto della Sicurezza sociale, ha realizzato una ricerca su Precariato e welfare in Europa che è stata cofinanziata oltre che dallo stesso Ateneo foggiano, dalla Regione Basilicata, dalla Regione Puglia e dalla Provincia di Potenza.

La ricerca ha analizzato il fenomeno del lavoro precario in alcuni Paesi europei e le politiche messe in atto per tutelarlo. Particolare attenzione è stata posta alla tutela per la mancanza di lavoro e ai sistemi di controllo della disoccupazione realizzati nelle realtà con esperienze più consolidate nell’applicazione di politiche attive per l’impiego con l’obiettivo di ricavare utili indicazioni per le riforme in corso nel nostro Paese.

L’indagine ha riguardato in particolare cinque Paesi (Francia, Germania, Belgio, Spagna ed Inghilterra), assortiti in modo da poter ben rappresentare l’intero panorama europeo sia per la loro consistenza economica e demografica sia per i differenti modelli di tutela sociale dagli stessi realizzati.

Diversi sono gli aspetti interessanti emersi dal lavoro svolto e presentato con una pubblicazione dell’Ediesse contenente un rapporto di sintesi e cinque rapporti nazionali redatti da professori universitari esperti della materia dei Paesi indagati.

Colpisce innanzitutto la peculiarità del sistema italiano di tutela del lavoro precario nei momenti di disoccupazione che non ha riscontro in nessun altro paese europeo. In Italia infatti oltre un milione di lavoratori precari (600 mila nell’agricoltura e più di 400 mila negli altri settori produttivi) percepiscono una specifica prestazione di disoccupazione che ha il valore di una integrazione del reddito concessa l’anno successivo per le giornate non lavorate nell’anno precedente. Tale prestazione è qualificata formalmente come contributiva, ma sostanzialmente è assistenziale perché solo in minima parte (per 1/20simo circa) grava sui contributi pagati dai soggetti beneficiari.

Negli altri paesi europei non esiste niente di simile e di specifico per i lavoratori precari. La tutela contro la disoccupazione ha regole uguali per tutti i lavoratori senza distinzione per la tipologia di lavoro svolto (stabile o precario). Le uniche e rilevanti differenze che si colgono riguardano la natura contributiva o assistenziale della prestazione percepita. Questa distinzione è netta nella maggior parte dei paesi indagati prevedendo che si possa accedere alla seconda solo dopo aver esaurito la prima e a condizione di versare in una situazione di bisogno economico accertato e/o di impegnarsi in attività di utilità sociale.

In tale ottica i servizi per l’impiego degli altri paesi europei hanno un ruolo molto più importante dei nostri nella attuazione delle politiche attive del lavoro, ed in particolare nella gestione delle prestazioni di disoccupazione e nel controllo dello stato effettivo di disoccupazione.

Un altro aspetto di grande interesse che emerge dalla ricerca svolta riguarda l’obbligazione contributiva riservata ai lavoratori precari. E’ questo un tema di attualità anche nel nostro paese dove da ultimo è prevalsa l’idea di imporre aliquote contributive più elevate per le prestazioni lavorative precarie così da scoraggiarne l’utilizzo da parte dei datori di lavoro. Non è questa però la strada seguita dalla maggior parte dei paesi indagati. Soltanto la Spagna segue la stessa impostazione del nostro paese. Belgio ed Inghilterra e Germania -ed in particolare quest’ultimo paese- seguono, invece, una strada opposta, che è quella di alleggerire o esonerare del tutto dalla contribuzione previdenziale le prestazioni precarie che non oltrepassino una determinata soglia di reddito mensile, con l’argomento specifico, condiviso dalla corte di Giustizia europea, di combattere per questa via il ricorso al lavoro nero destinato, diversamente, a dilagare senza possibilità alcuna di controllo.

Di tutto questo e di altro ancora (per es.: quali pensioni potranno percepire i lavoratori precari?) si discuterà Venerdì 8 giugno presso la Sala consiliare del Comune di Melfi nel convegno organizzato dalla Provincia di Potenza e al quale parteciperanno oltre agli autori della ricerca (Canio Lagala dell’Università di Foggia; Michel Dispersyn dell’Università libera di Bruxelles; Jean-Pierre Laborde dell’Università di Bordeaux IV; Maximilian Fuchs dell’Università di Eichstaett-Ingolstadt; Sarah-Jane King dell’Istituto Universitario Europeo; Juan Gorelli dell’Università di Siviglia) anche i rappresentanti degli enti che l’hanno cofinanziata (Sabino Altobelli e Alfonso Salvatore per la Provincia di Potenza; Carlo Chiurazzi per la Regione Basilicata; Marco Barbieri per la Regione Puglia), i professori Franco Liso e Bruno Veneziani rispettivamente dell’Università di Roma e di Bari, il capo della segreteria tecnica del Ministero del lavoro, Giovanni Battafarano e i rappresentanti delle parti sociali nelle persone di Attilio Martorano ed Enrico Gambardella, rispettivamente per la Cofindustria e per la Cgil, Cisl e Uil di Basilicata.